Le cose a posto
In salotto, all'improvviso mi guardo intorno, e non sopporto il casino. Però prima il piacere, poi il dovere, ci vuole una musica giusta ma casuale, casualmente giusta se si ha culo. Ravano tra i dischi in disordine nella libreria, mi s'impiglia in mano Angie Stone, un disco che avrò sentito forse una volta, magari due, non di più. Una voce calda che ti coccola, un'extralarge materna di medio consumo pop, che mi guidi nei pensieri e nei gesti di riassetto, può andare.
Apro il disco, lo metto nel lettore cd sempre acceso da quando mia madre con troppa foga schiacciò il tasto dell'accensione, che da quel giorno rimase incastrato. Ora per chiudere gli occhi al lettore bisogna staccargli la spina. Come quando la mia macchina elettronicamente centralizzata elettronicamente impazzì e per spegnerne il motore fu necessario aprire il cofano e staccare la batteria.
[...]
Play, parte Angie Stone, butto la custodia in faccia al lettore, mi guardo intorno, delimito il campo d'azione, prendo le prime cartacce. Dallo stereo, scratch d'intro, e due parole in italiano. “Buona fortuna”, mi pare. Devo averlo sentito decisamente troppo poco sto disco per non ricordarmi un incipit così, ma la globalizzazione può questo ed altro, vado avanti pensando alla musicalità della lingua italiana apprezzata dallo star system black, e ad altre cazzate patriotticamente autoconsolatorie. Alla terza parola d'italiano mi viene il dubbio, fermo tutto, dalla bocca del lettore cavo il cd. Che è dei Gemelli Diversi.
Volevo Angie Stone, ho avuto Gemelli Diversi, che tanto devo aver disistimato nel momento del loro arrivo promozionale tra i miei dischi da averli financo privati di custodia cautelare. E Angie che fine ha fatto? In quale cazzo di custodia è finita? Non lo saprò mai. Rinuncio, metto un altro disco, nervoso, che so già che non mi piacerà, che nulla sarà mai come Angie Stone, in quel momento, quel giorno.
Sposto sedie, muovo carte, giro intorno al tavolo saltando a campana tra i cavi del computer e della telecamera sensualmente intrecciati, e con un esterno sinistro do un calcio alla bottiglia dell'acqua poggiata a terra la notte precedente. Che è di vetro, che si rompe, che si divide in schegge di diversa grandezza e pericolosità, grandi e belle, piccole e stronze, che brillano, nell'acqua che scorre sul cotto.
Raccolgo i vetri con la mano, mi pungo un dito ma vado avanti, anzi no, mi fermo e prendo una busta e nell'allontanarmi passeggio con le ciavatte nell'acqua versata.
Poche cose, scopro così, sono più sporche della suole delle mie infradito ormai troppo estive per trascinarsi tra mura domestiche. L'effetto fanghiglia ruba l'occhio, ogni passo una traccia di sporco, bagnata. Ora devo pulire queste tracce. E asciugare il pavimento. E raccogliere i cocci. E trovare Angie Stone. E frullare i Gemelli Diversi. E quand'anche dovessi riuscire a fare tutto, sarei tornato al casino esatto del momento in cui, con insolito coraggio, avevo deciso di mettere a posto le cose.
Facebook Apro il disco, lo metto nel lettore cd sempre acceso da quando mia madre con troppa foga schiacciò il tasto dell'accensione, che da quel giorno rimase incastrato. Ora per chiudere gli occhi al lettore bisogna staccargli la spina. Come quando la mia macchina elettronicamente centralizzata elettronicamente impazzì e per spegnerne il motore fu necessario aprire il cofano e staccare la batteria.
[...]
Play, parte Angie Stone, butto la custodia in faccia al lettore, mi guardo intorno, delimito il campo d'azione, prendo le prime cartacce. Dallo stereo, scratch d'intro, e due parole in italiano. “Buona fortuna”, mi pare. Devo averlo sentito decisamente troppo poco sto disco per non ricordarmi un incipit così, ma la globalizzazione può questo ed altro, vado avanti pensando alla musicalità della lingua italiana apprezzata dallo star system black, e ad altre cazzate patriotticamente autoconsolatorie. Alla terza parola d'italiano mi viene il dubbio, fermo tutto, dalla bocca del lettore cavo il cd. Che è dei Gemelli Diversi.
Volevo Angie Stone, ho avuto Gemelli Diversi, che tanto devo aver disistimato nel momento del loro arrivo promozionale tra i miei dischi da averli financo privati di custodia cautelare. E Angie che fine ha fatto? In quale cazzo di custodia è finita? Non lo saprò mai. Rinuncio, metto un altro disco, nervoso, che so già che non mi piacerà, che nulla sarà mai come Angie Stone, in quel momento, quel giorno.
Sposto sedie, muovo carte, giro intorno al tavolo saltando a campana tra i cavi del computer e della telecamera sensualmente intrecciati, e con un esterno sinistro do un calcio alla bottiglia dell'acqua poggiata a terra la notte precedente. Che è di vetro, che si rompe, che si divide in schegge di diversa grandezza e pericolosità, grandi e belle, piccole e stronze, che brillano, nell'acqua che scorre sul cotto.
Raccolgo i vetri con la mano, mi pungo un dito ma vado avanti, anzi no, mi fermo e prendo una busta e nell'allontanarmi passeggio con le ciavatte nell'acqua versata.
Poche cose, scopro così, sono più sporche della suole delle mie infradito ormai troppo estive per trascinarsi tra mura domestiche. L'effetto fanghiglia ruba l'occhio, ogni passo una traccia di sporco, bagnata. Ora devo pulire queste tracce. E asciugare il pavimento. E raccogliere i cocci. E trovare Angie Stone. E frullare i Gemelli Diversi. E quand'anche dovessi riuscire a fare tutto, sarei tornato al casino esatto del momento in cui, con insolito coraggio, avevo deciso di mettere a posto le cose.
Condividi su Twitter
16 commenti a “Le cose a posto”
E ora che ho finito di leggere ritieniti pure colpevole del mio mal di testa!
Potrebbe essere l’incipit di un romanzo
Finalmente un po’ di letteratura fine a se stessa, avevi un po’ rotto il cazzo co sta politica! Bella prosa, bel raccontino, spero sia il primo di tanti.
Per sentire Angie bastava mettere su AV. Per le infradito a novembre non credo ci sia soluzione.
Secondo me Charles Bukowski cominciò così.
Bello il racconto!!
..ma c’è molta piu’ politica di quanto non si appalesi.
ammazza oh, sembra na versione de Celine de noantri:)
Sì, ben scritto, e solo per invidia sottolineo che una scheggia di vetro difficilmente punge; il vetro offende con il taglio.
colpevole del mio mal di testa!
colpevole del mio mal di testa! scritto il 2009_11_11 @ 09:37:53
Io lo cominciai e venni a giocare dal luogo giapponese. È lo studio di studio di lingua intero per l’essere di tempo.Io avevo felicemente un’occhiata a lui. Io ero molto interessante.Grazie
Sembra una roba da Gattopardo. Non riuscirai mai a riordinare la tua “Sicilia”!
E ora che ho finito di leggere ritieniti pure colpevole del mio mal di testa!
Potrebbe essere l’incipit di un romanzo
Poi uno dice che gli mp3 fanno successo…
Lascia qui il tuo commento