Lo specchio che non c’era
A me la 122, a Simone la 114.
Trascinando trolley seguiamo la guida del rosso della moquette.
Fa caldo, siamo sudati, abbiamo voglia di un’ora in mutande sotto l’aria condizionata.
Le stanze con la decina sono sul lato sinistro del corridoio, quelle con la ventina sul destro.
118, 116, 114. Simone arriva, apre, mi saluta, entra.
Resto solo nel corridoio, davanti alla 124.
Ho superato la 128 e la 126, ho salutato Simone che entrava nella 114, mi sono fermato davanti alla 124. La 122 però non c’è. Il corridoio finisce lì, con uno specchio davanti a me e una porta di servizio sulla sinistra.
Torno indietro.
Ubico mentalmente la 122 al lato opposto del corridoio, non può essere altrimenti. A volte le numerazioni seguono logiche impreviste, arcani della matematica e della solitudine dei numeri civici che si battono affinché la matematica diventi finalmente un’opinione.
Risalgo la corrente fino alla 128 per arrestarmi davanti alla mappa del piano, appesa al muro apposta per me o per chi prima di me ha trascinato qui il suo trolley. La 122, mostra la mappa con inequivocabile disegno, è subito dopo la 124, esattamente dove mi ero fermato.
Rifaccio il percorso.
128, 126, 124.
Niente, il corridoio finisce con lo specchio.
Mi innervosisco sudando, apro la porta di servizio vista in precedenza. La 122 potrebbe nascondersi lì dietro. Invece no, come ogni porta di servizio nasconde scope, secchi, strumenti da lavoro pagato poco.
Busso alla 114 di Simone, sperando che quattro occhi funzionino meglio di due anche se due dei quattro sono ormai appannati e vittime di labirintite.
“Che c’è?”, mi chiede Simone non ancora in mutande. “Mi sono perso la stanza”, rispondo sincero e imbarazzato. In quel momento una voce di donna che non vedo, da lontano indaga: “Cosa sta cercando?”. Lo sapevo, prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto. Un sistema di telecamere avrà seguito il mio rimbalzare, il mio nomadismo, la mia incertezza, il mio senso del disorientamento a Milano, roba da Totò e Peppino, ma al chiuso e al riparo di un hotel. Dove quel che esigo è solo aria condizionata e la sicurezza dei numeri pari, quella che impone che scendendo dal 124 ci sia il 122, sempre, ovunque.
“La stanza, sto cercando la stanza”, rispondo ad alta voce alla voce.
Nei tre secondi di silenzio che seguono la mia risposta non m’arrendo, mi faccio coraggio e reagisco. “Con chi sto parlando? Non la vedo!”.
Parlo senza interlocutore, non vedo niente, ma lo sento vicino.
Non vedo la 122, non vedo la donna in possesso della voce che mi sta parlando.
Voce che incredula molla gli attrezzi e s’alza stentorea, scandendo come si fa con chi mostra problemi di comprensione: “sono qui! la stanza è qui!”.
Una figurina di nero vestita mulina mani e braccia, perplessa, forse preoccupata.
Sta dentro lo specchio.
La metto a fuoco, finalmente la vedo.
E vedo porte di stanze mancanti fino a un secondo prima.
La 122, addirittura la 120.
Dietro di me Simone ride spalmato sullo stipite della 114.
Nel corridoio alle mie spalle un ragazzo di origine estsudestasiatiche ride più di tutti.
Rido anch’io, per forza.
Ma il sudore s’è fatto freddo.
Sto realizzando che ho bloccato due volte la mia deambulazione davanti a uno specchio che non mi rifletteva.
Impallidisco oltre ogni concetto di “fuori stagione”.
Un lieve scalino, un amen di disimpegno, aveva omesso il corridoio ai miei sensi, scompaginato ogni prospettiva.
Entro nello specchio che non c’era.
Saluto il pubblico in corridoio.
Apro la 122.
Mi metto in mutande.
Non sto granché bene.
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20 commenti a “Lo specchio che non c’era”
Grande Diego,
avevi la sensazione di essere entrato in un incubo. Guardando la foto si ha la sensazione di trovarsi nell’albergo di Shining. Le gemellline col vestitino azzurro non le hai viste? Un abbraccio. Nico
Non sei solo, se ti può essere di qualche consolazione!!!
Stupendo
Un misto di film horror tra Shining e Profondo Rosso: anche lì uno specchio aveva confuso il protagonista
Mi capita spesso quando I corridoi sono troppo uguali, di pensare ci sia uno specchio….ma in genere rinsavisco un attimo prima di tornare indietro…
Normale, dai.
Don’t worry, capitato un sacco di volte lavorando nelle navi da crociera, credo che in psicologia cognitiva abbia anche un nome come fenomeno. Nella vita di tutti i giorni però trattasi in effetti di figura di m…
E’ uno specchio che guarda in rassegna il passato FIAT: manca la 127 se no 128, 126 e 124 sono tutte auto dei tempi bòni tipo “famose ‘na gita a li Castelli” (io ad esempio Tuscolo, no piazza ma monte).
Quando capita a me una figura del genere mi dico che mi ricorda che sono un essere umano e che mi rende più umile.
Solo che dopo anni di figureemerda credo di aver incamerato abbastanza umiltà…
Ah se vendessero qualche confezione di neuroni freschi al supermercato.
è comunque sempre meglio che sbattere il muso su uno specchio che c’era!!
Ma tu sei un genio vero, oppure qualche volta te’ dice pure bene?
Finalmente un post del blog. Non un video, non un articolo già uscito da qualche parte. Ma un sano vecchio post come si faceva una volta. Bene!
[...] avventura capitata a Diego è più che altro una [...]
… a casa mia queste si chiamano “tacche” (sintomi che affliggono i consumatori abituali di canapa)!
scialla
Tu nun poi capì quanto m’ha fatto bene legge sta storia! Non sono solo a questo Mondo.
Grazie amico
Ciao Diego!
Mi farebbe piacere avere un tuo commento!
GRANDE STIMA!
http://www.youtube.com/watch?v=Pm-U5Jrggeg&feature=plcp
Fantastico, mi sono sbellicata dalle risate!
ZEMANLAND: OK NEL NS.PAESE (come sempre) tutto è di certo più importante ma “28 SONO ANCHE TROPPI” EQUIVALE A E= MC quadrato e sarebbe giusto istituire un SITO A CUI ADERIRE
ciao
magari qualche cartone in meno??
Ahahah Diego sei mitico!!
No, vabbè, grazie! Comunque, m’avrà influenzata il titolo, ma anche a me nella foto sembrava uno specchio.
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